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Personaggi/pairing: Promptis, Gladio, Ignis
Rating: safe
Genere: what if? (...I guess)
Warning: ///
Parole: 1723
Cosa sto per leggere: una cosa completamente inutile e senza capo né coda sulla reunion fra Noctis e Prompto dopo dieci anni, immagino
Note: scritta per il cow-t 8, quarta settimana, prompt "tardivo"
Sono passati dieci anni, due mesi e diciassette giorni, e Prompto li ha contati tutti, dal primo all'ultimo.
Non è stato sempre facile, soprattutto ai primi tempi, dopo che la luce del giorno ha iniziato ad affievolirsi e la distanza con la notte a farsi sempre più breve, ovattata, né quando il crepuscolo, giorno dopo giorno e poi mese dopo mese, ha preso ad espandersi come una macchia d'olio troppo densa, troppo scura, e persino la luna ha cominciato a nascondersi dietro le spesse nuvole grigie, portandosi con sé le stelle, voltando le spalle ad un mondo ormai caduto in rovina.
Non è stato facile, a quel punto, quando la notte era diventata tutto ciò che conoscevano, distinguere un giorno dall'altro, tenere le distanze, contare le ore, ricordare in che modo fosse scandito il tempo quando il sole ancora nasceva ad est, sfidava l'arco del cielo con la sfrontatezza dei misteri dell’universo che non possono essere controllati, per poi tramontare all'orizzonte opposto, sporcandolo come una tavolozza di colori caldi.
Era capitato loro diverse volte di osservare il tramonto, nel tempo che avevano trascorso in viaggio assieme. Sembra passata una vita intera da allora – e probabilmente, in un certo senso, è davvero così – ma Prompto riesce ancora a ricordare la meraviglia della prima volta, gli occhi sbarrati ed il viso acceso d’incanto, nelle pupille riflesso un cielo avvolto in placide fiamme, tenui ed accoglienti, mansuete. Era successo la sera del loro arrivo al molo di Galdin, e il tramonto li aveva colti di sorpresa mentre Prompto stava aiutando Noctis (o quanto meno ci stava mettendo tutto se stesso) a montare sulla canna da pesca una nuova lenza che avevano scelto assieme da un baracchino sulla spiaggia. Gli torna in mente proprio ora il momento in cui, gettando indietro il capo fra una risata e l’altra, gli erano caduti gli occhi sul cielo. In quell'istante, riflesso sul mare, era come se il tramonto volesse divorare la terra stessa. Era stato potente e bellissimo, nella sua semplicità disarmante, e Prompto ricorda di essersi sentito grato che Noctis fosse al suo fianco in quel momento – che i loro occhi stessero contemplando la stessa meraviglia. “Ad Insomnia non le vedi certe cose,” gli aveva detto a un certo punto lui, rompendo il loro silenzio rapito. Prompto aveva provato una nostalgia strana, come di qualcosa che non era mai esistito prima e che d’improvviso sentiva essergli mancato da tutta la vita.
Credeva che non avrebbe mai più provato un sentimento simile, lasciato sopito per troppo tempo, dimenticato, sfuggito dalle dita come sabbia al vento, assieme alla luce del sole e alla spensieratezza di quei giorni lontani. Si sbagliava, e se ne accorge solo ora: dieci anni, due mesi e diciassette giorni da quando Noctis si è addormentato nel cuore del Cristallo.
Dieci anni, due mesi e diciassette giorni che gli ci sono voluti per ritornare, annunciato solamente da una telefonata trafelata, agitata da tutte le emozioni che Talcott non è riuscito a contenere.
“Il principe!” Ha ascoltato la sua voce tremare appena d’entusiasmo nel microfono del vivavoce, e si è sorpreso a tremare lui stesso, nel petto, incapace di dire nulla – di pensarlo persino. “Il principe è tornato!”
C’è stato un lungo silenzio al termine della chiamata. Gladio, seduto sul bordo del letto con la schiena china in avanti, i gomiti puntati sulle ginocchia, ha tenuto gli occhi fissi a terra, il viso duro, le labbra strette, chissà quali pensieri ad affollargli la testa, mentre Ignis è rimasto in piedi per tutto il tempo, con la schiena dritta, quasi rigida, e la punta del bastone che appena sfiorava il pavimento. Prompto li ha osservati entrambi, probabilmente per sfuggire a se stesso. E’ stato Ignis, ad un certo punto, sciogliendo le spalle e rompendo il silenzio con un lungo, decisivo respiro, a dire loro: “Dobbiamo partire immediatamente.”
E così è stato.
Hanno lasciato Lestallum in fretta e furia, senza precauzioni e senza accertarsi dello stato delle strade, com’è da regola ogni volta che qualcuno decide di allontanarsi dalle luci artificiali e rassicuranti della città. Non c’era tempo, e questo lo avevano scritto in viso tutti e tre, senza bisogno di dirselo. Il viaggio è parso atrocemente interminabile e allo stesso tempo pericolosamente breve, come breve era stata un tempo la distanza che li avrebbe separati da Hammerhead, sicura dalle orde dei daemon e dai pericoli della notte eterna.
“La morte non è un’opzione, oggi,” ha sibilato Gladio a denti stretti prima di sfoderare il suo spadone la prima volta. E così si sono fatti strada tutti e tre, con le stesse parole a risuonare nel petto e una speranza appena riaccesa già proiettata oltre i confini di Leide. Prompto non ha idea di quanti daemon abbiano ucciso o di quanti se ne siano lasciati alle spalle, ma non gli importa più, adesso. Tutto ciò che conta nell’universo è finalmente di fronte ai suoi occhi, nella forma di un camioncino blindato ed ammaccato che tira su polvere trascinandosi oltre le barriere di sicurezza che circondano la stazione di Hammerhead.
Dieci anni, la sua testa continua a ripetere, incapace di processare altro. E intanto il camioncino rallenta fino a fermarsi, il motore si spegne con una vibrazione incerta ed un silenzio elettrico avvolge la piazzola di sosta.
Dieci anni, gli tuona il cuore nel petto.
Le porte del veicolo si socchiudono quasi all’unisono. Il primo a balzare giù è Talcott. Ha il viso emozionato e inquieto di chi non ha ancora accettato del tutto di non star vivendo un sogno, come se temesse di risvegliarsi alla realtà cruda e meschina da un momento all’altro.
Dieci anni, due mesi e diciassette giorni, pensa Prompto mentre la portiera del passeggero si spalanca di fronte ai suoi occhi. Un giorno qualunque, senza grandi spettacoli, entrate in scena elettrizzanti o parate degne di un Re. Proprio come quella volta – quel tramonto. Con la bellezza discreta e un po’ annullante delle cose inaspettate.
Poi, per la prima volta da quando si è chiusa la chiamata, Prompto realizza: dieci anni, due mesi e diciassette giorni sono adesso. Sta succedendo davvero.
Il principe è tornato.
Nel momento esatto in cui le suole degli scarponi scuri di Noctis impattano contro il terreno, Prompto si getta in avanti, incapace di aspettare. I suoi passi sono pesanti, svelti, probabilmente resi goffi dall’eccitazione e da questo nodo alla gola che sembra strozzargli il respiro, ma va bene così, si dice, e non si ferma nemmeno quando Noctis solleva il capo e per un attimo, uno solamente – il primo dopo dieci anni – i loro occhi s’incontrano e lo fanno con una punta di sorpresa che muore sul nascere. Muore sopraffatta da un paio di braccia che gli si gettano attorno al collo e dieci dita aggrappate alla sua giacca, con tanta forza che potrebbero strapparla.
Prompto tira su col naso e nasconde il viso contro la sua spalla, e non gli importa degli sguardi né delle voci che sussurrano alle loro spalle – non gli importa più di niente, fintanto che il corpo che stringe fra le braccia non scompaia di nuovo. Mai più.
“Hai fatto con comodo, eh?” Gli chiede con la voce tremante e soffocata contro il colletto della sua giacca. Deve starla sporcando di lacrime, e sicuramente Ignis lo rimprovererà per questo. E’ un pensiero così piccolo e banale e carico di nostalgia che basta da solo a riempirlo di gioia, a far straripare quella che sta già provando.
Sembra passare un’eternità prima che il corpo di Noctis si sciolga nel suo abbraccio, ed il suo capo ciondoli da un lato, abbandonandosi contro quello di Prompto.
“Scusami, Prompto,” soffia, e non esiste davvero nulla che avrebbe potuto prepararlo al suono della sua voce. Prompto lo stringe e scuote il capo, sente la sua barba pizzicargli contro la guancia e per un istante pensa che potrebbe guardarlo negli occhi e ridere di quanto sia cambiato, prenderlo in giro, fare una battuta, ma non gli viene in mente nulla da dire. E’ sicuro che sia bello come un tempo anche così, tanto.
“Sono tornato,” lo sente dire. “Sono qui.”
Prompto annuisce, e per la prima volta dopo dieci interminabili anni gli sembra di potersi sentire di nuovo al sicuro. Allenta controvoglia l’intreccio delle braccia e si tira indietro, sfregandosi una manica sul viso per asciugare lacrime che è sicuro di non essere riuscito a contenere. Noctis gli sorride piano, è un sorriso silenzioso, discreto, solo per loro – è diverso da un tempo, più pesante, meno spensierato, ma Prompto potrebbe riconoscere la curva delle sue labbra anche nella notte più nera. Gli restituisce un sorriso simile.
“Non ti azzardare a scomparire di nuovo,” gli dice.
Una mano si posa sulla sua spalla.
“Non lo farà,” conferma la voce di Ignis.
Una seconda mano sulla gemella.
“Non glielo permetteremo,” è Gladio questa volta.
Noctis li guarda tutti, uno ad uno, come se dovesse recuperare in pochi attimi tutti gli anni perduti, i ricordi mai vissuti, i momenti che li hanno portati fino a qui, così diversi eppure sempre sostanzialmente gli stessi.
“Sono qui per restare,” conferma loro alla fine. Lo dice con le labbra appena piegate in qualcosa di simile ad un sorriso. C’è qualcosa di storto, però, e Prompto se ne accorge immediatamente – come una tristezza nascosta, inespressa. Per un attimo, Noctis gli sembra più distante di quanto non sia mai stato in questi dieci anni. E’ un pensiero insopportabile, ma si costringe a scacciarlo con un sorriso.
“Dai,” si affretta ad afferrarlo per un polso. “Vieni, dieci anni sono lunghi da recuperare.”
Noctis si lascia guidare senza opporre resistenza, seguito da Ignis e Gladio.
“Cercherò di essere breve,” dice piegando le labbra in un sorriso. Divincola appena il polso per sfuggire alla sua presa, ma immediatamente torna a cercarla, trovando le sue dita, intrecciandole con le proprie. Prompto gli stringe la mano come se avesse paura di perderla, e sente che anche Noctis sta facendo lo stesso. Pensa per un attimo che in fondo, sotto la barba incolta che lo fa assomigliare ad un vero Re, il viso scavato e gli occhi vigili, non è cambiato così tanto dal principe impacciato che era dieci anni, due mesi e diciassette giorni fa.
E gli basta un pensiero simile per non avere più paura di niente.