Fandom: Critical Role (campagna 2)
Ship: Molly/Caleb
Rating: safe
Parole: 1677
Note: scritta per il cow-t 8, ultima settimana, prompt "safe+slash"
L'aria di questa serata di festa è frizzante, satura di voci e risate e delle note degli strumenti musicali che si rincorrono guidando i corpi in danze spensierate che fanno sembrare la morte e gli orrori dei giorni appena trascorsi solamente dei ricordi lontani, sbiaditi e facilmente accantonati fra mille altri pensieri di poco conto. Non è così, e ciascuno di loro lo sa - come potrebbero aver dimenticato così in fretta, dopotutto? - eppure c'è qualcosa di stranamente liberatorio nell'osservare tutte queste persone rimaste ormai orfane della propria semplicità e monotonia sublimare un simile lutto celebrando la vita nel migliore modo che esista: con del buon cibo, i bicchieri strabordanti di vino e musica a tenere lontana la consapevolezza di tutto quello che è andato ormai perso.
Caleb è rimasto tutta la sera ad osservare in disparte, in compagnia solamente delle ombre lunghe e scure che danzano proiettate dai fuochi allestiti al centro della piazza. Non gli pesa la solitudine, non questa notte, non quando il mondo di fuori gli sembra così distante, così alieno che potrebbe semplicemente chiudere gli occhi e scivolare via, lontano, non sa bene dove ma non gli importa nemmeno. Ha stretto la mano di Nott per un po’ per non perdersi del tutto, ed è bastato, eppure Caleb sa anche che più di questo – più che rimanere ancorato alla realtà senza concedersi lo sforzo di farne parte davvero – non può costringersi a fare in una serata come questa. Tutto quello che può permettersi ora è di trascinare fuori un libro dall’interno della giacca logora e immergersi nelle sue parole, lasciarsi portare altrove, svuotare la mente di tutto quello che è successo e riempirla di pensieri che non possono e non devono perseguitarlo – cancellare le fiamme e la cenere e sostituirla con gli insegnamenti rassicuranti dei suoi studi arcani.
O questo sarebbe il suo piano, almeno.
«Siamo ancora poco inclini ad abbandonarci ai festeggiamenti, vedo.»
Gli ci vuole un istante di troppo a riconoscere la voce, assorto com’è nella lettura, ma non appena solleva gli occhi dal libro e li sposta sul posto non più vuoto accanto a sé sulla panchina, il suo suono ormai divenuto familiare si allinea con l’immagine di Mollymauk, e gli occhi di Caleb incontrano le pupille cremisi del tiefling, il suo busto ruotato per metà verso di lui, un gomito appoggiato sullo schienale e il suo sorriso ambiguo piegato da un lato.
Caleb si concede un attimo di pausa, lasciando che il suo silenzio sia il primo a parlare per lui, e solo dopo decide di degnarlo di una risposta.
«Dubito di aver mai dato l’impressione di una persona a cui piacciono le feste. Se così è stato, me ne rammarico e cercherò di essere più trasparente la prossima volta.»
Al suo fianco, per quanto non fosse affatto questa l’intenzione di Caleb, Molly si lascia sfuggire una risata leggera, così come leggera sembra essere sempre ogni questione che lo riguarda. Eppure Caleb sa bene, forse meglio di chiunque altro, che non esiste nulla di più ingannevole dell’apparenza.
«Trasparente, dici» ripete Molly, pensieroso, mentre Caleb lo osserva in silenzio accavallare le gambe e ciondolare il piede seguendo il ritmo della musica. Sembrava tutto così lontano fino a qualche attimo fa – le danze, la presenza dei suoi compagni, il ricordo di morte e fuoco ancora fin troppo vivido – eppure la presenza imprevista del tiefling pare aver riportato la realtà ad una distanza pericolosamente tangibile. Caleb non è del tutto sicuro di come sentirsi a riguardo. «Non è il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso a te, se posso essere onesto» conclude Molly qualche attimo più tardi.
Caleb si volta e lo osserva con le sopracciglia alzate, giusto un poco più attento di poco fa, ed è una di quelle rare volte in cui il suo silenzio non riflette una specifica intenzione di ritardare la risposta, bensì è semplicemente sintono di mancanza di parole.
«Puoi esserlo» gli concede, ma solo per prendere tempo, e quasi si sorprende ad arrovellarsi sulla sua curiosa scelta di parole – quando penso a te, e non se. Si costringe in fretta ad allontanare il pensiero, come fosse un prurito fastidioso, e decide che forse è meglio lasciar morire qualsiasi discorso sul nascere – eppure, quando con la coda dell’occhio scorge Mollymauk distendersi contro lo schienale per rimanere più comodo, ha come l’impressione che il silenzio non durerà a lungo.
E infatti.
«Hai l'aria di essere uno che ha parecchi demoni che gli corrono piuttosto vicino alle calcagna» dice, ma senza guardarlo davvero, con lo sguardo un po’ perso sui corpi che ballano attorno ai fuochi.
«E' un'immagine piuttosto specifica» ribatte Caleb.
«Lo è» Molly si volta verso di lui e le sue labbra s’inarcano in un ghigno che Caleb fatica a decifrare. «E’ anche accurata?»
Non è facile evadere una risposta tanto scomoda quando la domanda è così sfacciata, quindi Caleb opta per il silenzio. Anche quello sa parlare per chi ha la pazienza di ascoltare, dopotutto.
Molly sospira. E’ uno sbuffo leggero, come l’accenno di sorriso che gli piega appena le labbra. «Non ti preoccupare troppo» gli dice, e Caleb sposta impercettibilmente lo sguardo verso di lui. «Hai degli amici adesso – o compagni, se preferisci» si corregge. «Puoi lasciare che ti guardino le spalle loro, no? Giusto qualche volta, per cambiare. Senza esagerare.»
Caleb stringe le dita attorno alle pagine del libro, gli occhi che per attimi interi sfuggono via, lontano, come lontano vorrebbe scivolare anche lui. Questa – questo sentirsi così nudo di fronte ad occhi di cui non si fida ciecamente – è una sensazione che non riesce a sopportare. Stringe le labbra ed ingoia a vuoto, respira piano come ha imparato a fare per non tradire il disagio che gli si agita nel petto e che gli incastra il fiato in gola.
Poi, senza fretta, mette insieme le parole.
«Non mi sembri la persona più incline a fidarsi del prossimo, non vedo perché dovrei accettare un simile consiglio da te.»
Non c’è astio né giudizio ad inquinare il tono della sua voce, solamente questo muro di freddo, razionale distacco di cui ha bisogno per tenersi stretti i propri spazi, per tenere le giuste distanze.
Molly si limita a ridere piano prima di tornare a guardare avanti a sé. «Touché» dice solamente, e per un po’ il silenzio torna a posarsi placido fra di loro – eppure è perso, ormai, e la mente di Caleb non vuole saperne di rimanere a tacere.
E’ lui ad interrompere la quiete.
«Qualsiasi cosa tu stia cercando di fare, ti chiedo per favore di smetterla. Sto bene, non ho bisogno di compagnia, a dirla tutta preferirei continuare a rimanere da solo» snocciola senza lasciargli il tempo di interromperlo, quindi si volta appena verso di lui. Non è facile cercare i suoi occhi, ma si sforza di farlo comunque. «Quello che sto cercando di dire è: non ti preoccupare, va tutto bene» stringe le labbra. Questa è una menzogna troppo grande persino per lui. «Starò bene» si corregge. E’ il massimo che può concedergli.
Molly distende le labbra sorridendo piano. Aspetta uno, due, tre secondi, quindi torna a guardare avanti. Quando schiude le labbra, lo fa per lasciarsi sfuggire un sospiro lungo e vocale, con quel suo sorriso sospeso ancora aggrappato alle labbra.
«Come vuoi» dice. «Non ti disturberò oltre» si volta, lo guarda. «Per questa sera.»
Caleb sospira a sua volta. «Apprezzerò lo sforzo, immagino.»
Molly annuisce, e fra le sue labbra torna a guizzare quel suo ghigno enigmatico.
«Non andare troppo lontano, Caleb» soffia, e quando Caleb si volta, appena sorpreso dalle sue parole, non lo trova più accanto a sé, sulla panchina, bensì già in piedi e pronto a congedarsi. Fa appena in tempo a dirottare lo sguardo in avanti, che si ritrova il suo viso pericolosamente vicino al proprio, il suo busto piegato in avanti, le mani impuntate ai fianchi.
Gli esplode il cuore in petto, e quando schiude le labbra non ha davvero idea di quali parole farvi uscire.
«Abbiamo tutti i nostri demoni, per quello che vale. Quando i tuoi saranno ancora così vicini, stai sicuro che sarò ancora lì per riportarti indietro.»
E’ sparita ogni traccia di sorriso quando Molly si sporge ancora di più in avanti, e Caleb trattiene il respiro, pietrificato, mentre le labbra morbide del tiefling si posano delicate contro la sua fronte, e poi, un istante più tardi, poco più giù, sulla sua guancia. Per qualche motivo gli torna in mente adesso che questo – labbra, un bacio, la sua voce di velluto – è il primo ricordo che ha dopo essersi risvegliato dalla trance. Questo, ed uno schiaffo. Ma pur sempre Molly.
«Ti lascio ai tuoi libri.»
La sua voce lo raggiunge a fatica, facendosi strada nel groviglio caotico di pensieri ed emozioni e sensazioni che iniziano ad affollargli la mente. Rimane con le labbra schiuse, le mani poggiate sulle pagine del libro, rigide e tremanti, e gli occhi persi su figure che non ha la testa né l’intenzione di decifrare.
Sente il petto agitarsi contro battiti insistenti quanto un tamburo da guerra, e non è una sensazione del tutto sconosciuta, eppure allo stesso tempo è diversa da qualsiasi altra sensazione simile gli sia capitato di provare fino ad ora. Non è come quando le fiamme hanno divorato il sacerdote nella tana della manticora, e nemmeno come quando si sente gli occhi della gente sgradevolmente puntati addosso, come se fosse lui il centro del mondo.
«Buona nottata, Molly» riesce solamente a sibilare, interi istanti più tardi, allo spazio ormai vuoto che è rimasto accanto a lui sulla panchina.
E si ritrova lontano, per qualche motivo – lontano da quest’aria di festa, ma soprattutto lontano dal fuoco e dalla cenere, lontano dai pensieri oscuri, lontano dalla morte. Da solo in compagnia dei propri pensieri, si domanda se quelle labbra lo perseguiteranno per il resto della notte, e nel domandarselo sente già di conoscere la risposta.
E per una volta, si dice, potrebbe quasi farsela andare bene.