[STAR WARS] Cerimonia privata
Jan. 19th, 2018 10:03 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Personaggi: Kylo, Hux
Rating: safe
Parole: 2683
Note: scritta per il cow-t, prima settimana, missione 1 con prompt "Cerimonia"
Il silenzio spettrale che abbraccia la sala del Trono è spezzato solo dal sibilo delle porte automatiche che si chiudono alle spalle del generale Hux. Si concede poco di più di una rapida occhiata, quanto gli basta a rendersi conto che tutto quanto è rimasto come lo ricorda dall'ultima volta che ha messo piede in questo luogo: ci sono ancora le macchie scure che delimitano intere bruciature ai lati del trono, e ci sono anche, pulsanti come ferite vive, aperte, gli squarci sul pavimento, sulle pareti, persino sul soffitto che un tempo dava l'impressione di essere infinito e inespugnabile, mentre ora, lacerato in questo modo, gli appare quasi insopportabilmente fragile, come se potesse frantumarsi da un momento all'altro sotto il vuoto infinito dell'universo che li circonda, e i suoi frantumi seppellirlo assieme alla rovina che è divenuto questo luogo che credeva un tempo sacro, e che è invece bastato così poco ad espugnare.
Lo è ancora - sacro - ma non certo in onore della figura che si staglia al centro della sala, nera e cupa come la notte eterna che li abbraccia da fuori, silenziosa e riflessiva, tanto da apparire fuori posto di fronte alla solennità decaduta del trono del fu Leader Supremo. Ed è questo stesso titolo che scivola sulla lingua del generale, gli finisce in gola, incastrandosi lì, senza riuscire a prendere suono. Non si abituerà mai ad appellarlo in questo modo, o forse, semplicemente, è questa ostinazione figlia dell'orgoglio a rifiutare di concedergli un onore che non gli spetta.
Che si tratti di un caso o dell'altro, Hux non ha bisogno di dire nulla. È Kylo a voltarsi, avvolto nelle sue ombre. Ombreggiato dai riflessi rossi della Sala del Trono, il suo volto scoperto appare ancora più sinistro di quando a nasconderlo c'era quella sua ridicola maschera.
"Nessuno ti ha chiamato qui," gli dice, la voce ridotta ad un sibilo.
Hux, più per abitudine che per reale necessità, soppesa le parole, ne assorbe il volume, il ritmo, la gravità. Come per ogni altra cosa, ha bisogno di sapere che non esiste dettaglio che può sfuggirgli. Sa di avere di fronte una bestia spazientita, scalpitante, la cui parvenza di equilibrio è appesa al filo su cui lui sta cercando di camminare, rischiando a ogni passo di precipitare giù, eppure in questo modo può ancora credere di avere il controllo.
Raccoglie il respiro e schiude le labbra, sa già cosa deve dire - l'ha saputo nel momento in cui ha deciso di doversi spingere fino a qui.
"È mio dovere informare i miei uomini della prossima mossa che il Primo Ordine ha intenzione di intraprendere," deglutisce, a vuoto, con la gola secca, "Signore," pura necessità, svuotata di ogni accenno di lealtà.
Lo sguardo di Kylo guizza su di lui, e per un attimo è incandescente, elettrico, bagnato della stessa tinta cremisi che oscura le pareti. Le sue intenzioni sono talmente cristalline che Hux potrebbe giurare di essere in grado di leggergli nella mente, e di vederci le sue mani, nude, enormi, stringere tremanti e furiose attorno al proprio collo diafano fino a sporcarlo di sangue. Non accade davvero, eppure Hux si ricorda di respirare solo quando il silenzio viene interrotto di nuovo.
"I miei uomini," lo corregge Kylo. C'è qualcosa che lo trattiene dall'infuriarsi con voce agitata e il corpo tremante dal desiderio di fare male, ma Hux non riesce a capire di cosa si tratti. Il pensiero lo innervosisce un poco. "Hai già dimenticato qual è il tuo posto?"
Hux stringe le labbra ed accenna appena ad un gesto della testa, di finta deferenze, senza permettersi di rispondere. Sa bene, in fondo, che c'è solo una risposta ammessa, e decide che in fondo Kylo non ha bisogno, né voglia, di sentirla pronunciare dalle sue labbra.
"Di' all'esercito di attendere," Kylo conclude con un cenno del capo distratto, quasi avesse fretta di concludere questa sciocco e inconcludente scambio di battute già scritte. Hux né ha altrettanta, solo non può concedersi l'arroganza con cui l'altro sembra spazientirsi in men che non si dica di ogni più piccolo fastidio. Eppure Kylo si ferma, in procinto di dargli le spalle, come bloccato da un'improvvisa realizzazione. Rilassa le spalle, dirotta nuovamente gli occhi scuri verso di lui, e sibila, "Sei in grado di tenerlo sotto controllo, mi auguro." C'è beffa nella sua voce, quel tipo di scherno che nasce dalla gola e dal petto ma non si estende agli occhi o al sorriso. Hux non se ne lascia sorprendere: Kylo non sorride, come se dovesse continuamente indossare strati su strati di maschere che non contemplano serenità e pace - come se quello fosse il destino che si è scelto per sé, un copione che non può permettersi sbavature. Hux stringe le labbra e si lascia scivolare il fastidio e l'umiliazione addosso - non c'è niente di nuovo nemmeno in questo, eppure sarebbe uno sciocco a convincersi che il tempo possa rendere la sconfitta più dolce.
"Naturalmente," soffia a denti stretti, il petto riempito d'orgoglio, come se Kylo potesse vederlo.
"E allora esegui," lo sente ribattere, privo di interesse. Non c'è più traccia della beffa di poco fa, di quel guizzo d'interesse che, per quanto carico di malizia, Hux era riuscito ad attirare su di sé. "E fai in modo che nessuno entri più da quella porta a meno che non sia io, espressamente, a richiederlo," solleva una braccio per indicare l'ascensore che porta alla sala; ha già smesso di guardare Hux, come se non esistesse più. "E questo include anche te."
È il segnale, cristallino, che Ren pretende di essere lasciato solo. Eppure Hux rimane inamovibile, gli occhi chiari proiettati sulla figura ammantata di fronte a sé, le mani congiunte dietro la schiena ritta, posizione marziale, niente di più semplice. Eppure sa di star camminando su un terreno pericoloso. Per questo lo fa in punta di piedi, senza fiatare, lasciando che sia l'altro a decidere la prossima mossa - facendo in modo che ci sia una prossima mossa da aspettare, sempre.
Non ci vuole molto, infatti, prima che Kylo torni a voltarsi, disturbato dalla sua presenza immobile come da un'interferenza che sporca l'aria.
"Che cosa vuoi?" Questa volta lo ringhia a denti stretti. "La mia pazienza è piuttosto limitata. Specialmente oggi. Specialmente nei tuoi confronti, Generale."
Hux, però, non cede alla sua minaccia. Ha imparato a convivere con la paura da quando ha ricordo, crescendo con suo padre, prima che diventasse mera questione di abitudine dopo l'ascesa di Snoke. Il suo è un cammino costellato da figure irraggiungibili, ammantate di sacralità. Questo l'ha accettato, piegando il capo ogni volta che è stato necessario, nascondendo lame invisibili dietro la schiena per non soccombere a chi, come Kylo e un'intera schiera di nemici senza nome né volto, ha preteso di superarlo in prepotenza. Sa, dopotutto, che il suo è un mondo in cui devi arrangiarti, farti strada a gomitate e pugnalate, oppure aspettare che sia il tuo corpo ad essere gettato a lato del cammino di qualcun altro più furbo, più scaltro, più feroce. Di Ren, però - di un cane da guardia che si è strappato di dosso il guinzaglio che lo teneva a bada - non riesce a convincersi di dover avere paura. Tutto quello che riesce a pensare, osservando di sottecchi il Trono alle sue spalle, è che quel guinzaglio, un giorno, finirà nelle sue mani. Deve solo avere pazienza.
"C'è una questione di cui vorrei parlarle."
Un grugnito gutturale. Ci sono momenti in cui Kylo assomiglia più a una belva che a un uomo.
"Se non è della massima urgenza può aspettare."
"Riguarda la sua posizione, signore."
Kylo si volta di nuovo inchiodandolo con sguardo feroce, eppure c'è qualcosa a tenere a bada il suo nervosismo. Curiosità, pensa Hux. Sta giocando bene le sue carte.
"La mia posizione?" Chiede. Un attimo di tregua. "Quale posizione intendi?"
"Quella che ha assunto da quando il Leader Supremo Snoke è morto."
C'è una pausa di silenzio in cui Hux si sente gli occhi scuri di Kylo pesargli addosso come macigni. Lo riconosce, quello sguardo sospeso, cauto, immobile e al tempo stesso frenetico - lo riconosce perché è lo stesso che lui dedica agli altri, ogni volta. Soppesa, Kylo, e riflette. Se non provasse che rancore nei suoi confronti, Hux potrebbe persino attribuirgli un discreto talento tattico.
Poi, senza che ce ne sia bisogno, Ren accorcia le distanze avanzando di un solo passo. Il suo corpo si muove fluido, leggero come un'ombra pronta a strisciargli addosso, e Hux si deve costringere a non indietreggiare.
"Dillo," sibila piano, come se nessun altro dovesse sentirlo. Hux, invece, l'avverte fin troppo bene la sua voce. Stringe le labbra, e si sente vacillare dentro per un attimo - uno soltanto. Va tutto bene. Debolezze come questa se le può concedere. Non è da tutti riuscire a tener testa e lo sguardo fisso negli occhi di mostri senza cedere agli istinti più codardi, in fondo.
"Quale posizione, Generale?" Insiste, e ogni sillaba che scivola dalle sue labbra vibra di un'intimidazione contenuta, e forse per questo più spaventosa.
Di fronte a questo Kylo Ren, Hux non può fare niente se non cedere spazio, riconoscere la sconfitta.
"La sua posizione di Leader Supremo," gli concede con la voce ridotta ad un filo appena udibile.
Kylo se lo fa bastare. Qualcosa, dentro di lui, sembra assestarsi e trovare il suo posto. Scioglie le spalle, inclina appena il capo da un lato, come ad aver trovato una naturalezza nuova, inaspettata - come se, per una sua mossa che gli era sembrata così astuta e ben calcolata, si fosse creata accidentalmente, per effetto collaterale, una simbiosi perfetta fra Kylo e le pareti rosse che l'abbracciano ed il Trono che l'attende alle sue spalle. L'aria stessa di questo luogo, ancora imbevuta nella frenesia elettrica di una battaglia ormai consumata, sembra ora rigonfiarlo di una forza che prima non possedeva.
"Come hai detto, Generale. Snoke è morto. Ho preso il suo posto. Mi pare che abbiamo già fatto questo discorso." C'è sicurezza nella sua voce. Hux non la sente più tremare di rabbia. Per qualche motivo, così suona ancora più pericolosa.
"Ha preso il suo posto, ma dovrebbe pensare anche ad assicurarsi la fiducia e la lealtà degli uomini," non miei, ma nemmeno suoi - compromessi di cui ha bisogno per sapere di essere ancora in grado di tenergli testa. "Sono loro che eseguiranno gli ordini."
Kylo assottiglia gli occhi.
"Dove vuoi arrivare, Hux?"
"Dovrebbe istituire una cerimonia. Niente di eccessivo, non ne abbiamo i mezzi né il tempo, ma di certo aiuterebbe a guadagnarsi la fiducia di un esercito che ora è nelle sue mani. Se loro non riconoscono la sua autorità, il Primo Ordine è inutile. Ne hanno," si corregge, "Ne abbiamo bisogno."
"Una cerimonia," ripete Kylo, assaggiando il suono della parola sulla lingua, contro il palato. "È per questo che sei venuto qui?"
"C'è la guerra e c'è la politica, Signore. Qualcuno deve occuparsi della seconda mentre lei tiene viva la prima."
"Un politico," Kylo avanza di un passo, un ghigno minuscolo a curvargli le labbra. "La peggior specie."
"Un soldato, prima di tutto," obbietta Hux.
"E ho la tua lealtà prima di tutto, soldato?" Un altro passo.
Hux stringe le labbra. "Lunga vita al Leader Supremo," ripete come un disco rotto, scardinando ogni parola dal suo reale significato, svuotandola di ogni senso.
Kylo sorride appena, vittorioso.
"E perché non dai il buon esempio, Generale?"
C'è una pausa. Hux soppesa, assorbe, ripete - e solo alla fine, quando le parole sedimentano sulla sua coscienza assumendo la forma ed il peso un po' scomodo di un'idea rimasta ancora taciuta, il Generale sbatte le ciglia e si ritrova a schiudere le labbra; una delle rare occasioni in cui la mente non lavora con abbastanza agilità da permettergli di avere la risposta pronta.
Kylo, d'altra parte, non tarda ad accorgersene. Il sorriso si restringe senza svanire, minuscolo eppure indelebile fra le sue guance. È come se si fosse fatto più grosso, più vicino, più minaccioso. Hux sa che sta attendendo una sua risposta.
"Mi scusi?" Temporeggia, sperando di eludere in qualche modo - qualsiasi modo - questo strano presentimento che gli si sta aggrovigliando nel petto.
E invece.
"Una cerimonia, hai detto. Benissimo," i suoi occhi gli scivolano addosso, scuri come pozze di pece, altrettanto densi. "Cominciamo da te, Generale."
Non è una richiesta, né un capriccio. Hux potrebbe domandargli Cominciano da cosa?, ma gli è rimasta abbastanza lucidità per rendersi conto che è esattamente ciò che l'altro si aspetta da lui - che pregusta, probabilmente, mentre lo tiene inchiodato con quel suo sguardo liquido e incandescente.
Per la seconda volta, oggi, Hux si trova senza spazio d'azione, soffocato sotto il peso di un ordine che non ha mai preso voce, e che pure gli si stringe addosso scomodo e asfissiante come artigli aggrovigliati attorno alla giugulare. Sa perfettamente cosa deve fare. In qualche modo - se ne accorge solo ora - è un po' come se l'avesse sempre saputo. Come se questo momento fosse stato inciso nel suo destino tempo fa e fino ad oggi fosse rimasto paziente ad attenderlo.
China appena il capo, Hux, e si sente terribilmente impacciato, come il bambino che una vita fa si sforzava con tutte le proprie forze di compiacere un padre che non l'ha mai guardato davvero. Mentre il corpo si sbilancia in avanti, Hux si lascia consolare dalla consapevolezza che quel padre oggi non c'è più - che il suo corpo sta marcendo da qualche parte sotto terra con un foro livido sul cuore e gli occhi ormai spenti. Pensa che c'è un momento giusto per ogni cosa; che ora è il momento giusto per chiudere gli occhi e inginocchiarsi al cospetto di un Leader Supremo che non è pronto ad accettare, e che prima o poi arriverà, o meglio, tornerà anche il momento della vendetta.
Giustizia, si corregge nel momento in cui il suo ginocchio destro tocca terra ed i suoi occhi si ritrovano per un attimo incastrati sulla punta dello stivale di Ren. Li distoglie immediatamente.
"È un buon inizio," la sua voce gli scivola addosso senza più avere un volto, ma non è da sola. L'accompagna qualcosa - un tocco leggerissimo, appena posato sopra al suo capo - un tocco che non riconosce, che non ha niente di familiare. Riesce a dargli una forma solo che si spinge più giù, più simile ad una carezza ora - e quella forma è la mano di Kylo Ren, cinque dita che gli scivolano sul viso e gli cingono il mento. Non ha mai sentito il cuore battergli più forte, e non saprebbe dire se si tratta dello stupore di un contatto mai sperimentato prima, oppure del terrore di scoprire quale sia il suo significato.
Da carezza docile, il gesto di Kylo si trasforma in uno strattone secco, feroce. Hux si ritrova con il collo teso, gli occhi riflessi nei suoi e - ne è sicuro - l'espressione sgomenta di chi ha perso ogni senso di controllo.
Kylo non ride come si sarebbe aspettato. Non si sta facendo beffa di lui come si sarebbe aspettato. Lo fissa, invece, con uno sguardo che Hux non riesce a decifrare - uno sguardo che fa fatica persino a sostenere.
"Fai ordinare la cerimonia," ordina Kylo, alla fine. La mano scivola via senza rumore, quasi confondendosi con la voce di Ren. La mancanza improvvisa di contatto, però, è fastidiosamente ingombrante. "Una cosa veloce. L'esercito non deve distrarsi."
Hux lo osserva dargli le spalle e incamminarsi verso il trono, mettere distanza fra di loro. C'è quasi un'urgenza inquieta nei suoi passi. "Naturalmente, Signore."
"Ora va' via. Fuori di qui."
"Signore."
Hux china il capo e si rialza, di nuovo in controllo. Concede a Kylo un'ultima occhiata, e si accorge solo ora di non averlo mai visto occupare quel trono da cui anche ora sembra ossessionato, come se stesse osservando una figura invisibile a cui non gli è concesso avvicinarsi.
Si volta e decide di lasciarlo da solo con i suoi demoni, qualsiasi forma essi abbiano. Da questo, almeno, riesce a trarre un briciolo di conforto.