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 Fandom: Critical Role (campagna 2)
Personaggi: Molly, Yasha
Parole: 675
Rating: safe
Note: scritto per il cow-t 8, ultima settimana, prompt "giustizia"

"Sembra tutto così sbagliato." 

Molly guarda il vuoto, si rigira la spada fra le mani ma la sua mente è altrove, distratta da pensieri più urgenti. Yasha rimane silente al suo fianco per attimi che si stiracchiano infiniti. Non è mai stata di molte parole, ma quelle poche che riesce a dispensare Molly le ha sempre trovate utili, a modo loro. Yasha è una buona amica, e su questo almeno vuole credere di poter contare. 

"E' tutto sbagliato," ripete dopo un po', e scuote il capo, come a sottolineare l'incapacità di prenderne ancora atto. "Non doveva andare così." Solleva gli occhi e la guarda. "Non doveva." 

Gli occhi scuri della donna si riflettono nei suoi, immobili, e Molly blocca la spada nella mano destra, afferrandola per l'elsa. 

E alla fine, dopo quella che sembra un'eternità, Yasha apre bocca. 

"Cos'è che ti tormenta tanto, Molly?" Gli domanda solamente. La sua voce è pacata, come al solito, e le sue braccia spesse sono incrociate contro il petto. Non l'ha mai vista perdere il controllo né la compostezza, se non quando agita una spada con l'intento di uccidere – allora sì che fa paura davvero, Yasha. Eppure di lei si fida, immensamente più di molti altri. 

"Ti sarai accorta che abbiamo perso ogni cosa," le dice. "Il lavoro, una famiglia – tutto. E per colpa di quello... stupido rospo," scuote il capo, ancora e ancora, e si lascia sfuggire uno sbuffo nervoso, con tutte le parole – le imprecazioni – che gli rimangono incastrate in gola.  

"E' questo che ti angoscia?" Domanda Yasha. "Il lavoro? Ne puoi trovare un altro." 

"E' una seccatura." 

Yasha solleva un sopracciglio. 

"Ora ognuno se ne andrà per conto suo," continua Molly. "Mi ero abituato a questa vita." 

"Erano solo due anni che eri con loro," puntualizza Yasha. "Non può essere così terribile." 

Molly rotea gli occhi, si volta per darle le spalle e comincia a camminare avanti e indietro, coprendo tutta la lunghezza della tenda. Chissà per quanto ancora rimarrà in piedi, prima di essere smontata, caricata sulla carovana del circo e sballottata verso la prossima città. Chissà se lo vedrà mai, un altro festival, ora che le cose stanno così. 

"Mi sembra che tu ti sia fatto già altri amici, no?" La voce della donna interrompe di nuovo i suoi pensieri. Molly si ferma e si volta verso di lei. 

"Amici," ripete, sprezzante, con un sorriso che guizza fra le labbra. "La trovo quanto meno un'iperbole." 

Yasha sorride piano, senza fare rumore, e Molly sa che anche lei la pensa allo stesso modo.  

"Per un po' possono andare bene," gli dice. "Finché non ti sistemi di nuovo." 

Molly sospira piano, socchiudendo gli occhi. Gli fa male la testa. E continua a risuonargli in testa il pianto disperato di Toya una volta scoperta la testa mozzata di Kylre – Kylregli fa strano persino ripetersi in testa il suo nome, ormai, come se non in fondo non avesse diritto ad averne uno. È triste quanto in fretta si possano dimenticare gli amici, quanto facilmente si possano disfare le famiglie, quando l'odore di morte s'insinua nell'equazione.  

"Non è stato facile uccidere uno di noi," ammette alla fine, nel silenzio della tenda, e Yasha annuisce senza far rumore, come a dirgli: Lo capisco. "Nonostante tutto, non è stato facile." 

"Non potevi farci altro," le dice lei, e Molly lo sa bene, ma questo non basta ad alleggerire il peso che si sente gravargli sul petto. "Kylre ha ucciso. E' stata fatta giustizia." 

Molly annuisce, ma vorrebbe avere la forza di crederci davvero. Le sorride piano prima di avvicinarsi. Quando chiude gli occhi le loro fronti sono unite, e Molly sa che è arrivato il momento di salutarsi. 

"Sarà più facile, col tempo," sono le ultime parole che gli sussurra Yasha, prima di staccarsi e sparire oltre la tenda. Molly lo spera – lo spera davvero. E quando i loro cammini si incontreranno di nuovo - perché è sicuro che succederà - forse si sentirà il cuore più leggero per poterle dire che ha ragione.  

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Fandom: Critical Role (campagna 2)
Pairing: Beau/Yasha
Parole: 756
Rating: safe
Warning: modern AU
Note: scritta per il cow-t ultima settimana

«Eddai» è un lamento quasi miagolato contro il collo di Yasha. «Eddai. Eddai eddai eddai.»

Se esiste nulla di certo a questo mondo, è che la sua ragazza è un’enorme rottura di cazzo, quando ci si mette – e Yasha deve riconoscere suo malgrado che Beau ci si metta con una certa frequenza, a tentare di farle perdere la pazienza.

«Beau, no» sibila, roteando gli occhi ed allungando una mano per spingerla via sulla panchina sulla quale sono appollaiate ormai da un po’. Beau si lascia allontanare quanto basta a darle l’illusione di esser riuscita finalmente a farla tacere, quindi torna ad opporre resistenza riversando tutto il proprio peso contro di lei. Mugugnando un lamento fra i denti.

«Mmmmheddai, ma che vuoi che sia?»

Yasha sbuffa, scuote la testa, e ormai ha perso il conto di quante volte ha ripetuto questo stesso gesto nell’ultima mezzora. Maledetto l’istante in cui le è venuto in mente di proporre a Beau una passeggiata nel giardino del campus, un disastro annunciato che avrebbe dovuto ormai imparare a prevedere.

«Ho detto no. Guarda che ora mi alzo e me ne vado se non la pianti» la allontana di nuovo, e lei si inarca come un gatto sfuggendo al suo tocco, tornando in men che non si dica a spalmarglisi addosso. «Beau…» mormora ormai senza più la forza di opporsi, sperando che lei colga tutta l’esasperazione raccolta nella sua voce. Non succederà, lo sa, ma a questo punto non le è rimasto più molto altro in cui sperare.

«Uno solo» la sente pregare, «Piccolo piccolo» e quando abbassa gli occhi Beau la sta osservando dal basso, aggrovigliata ai suoi fianchi e con il mento appoggiato contro il suo petto, gli occhi grandi e supplichevoli come quelli di un cerbiatto.

La odia quando fa così. La odia, e Beau lo sa benissimo – sa benissimo che vorrebbe baciare quel suo adorabile visino da stronza, ma non lo farà. Non gliela darà questa soddisfazione.

«No» le ripete, irremovibile, ricevendone in risposta un broncio di tutto rispetto.

«E allora sai cosa ti dico?» fa Beau, con le sopracciglia inarcate ed un principio d’offesa nell’espressione a cui Yasha non crede nemmeno per un istante – al contrario, l’esordio la allarma alquanto. «Che io lo faccio lo stesso.»

«No, Beau—No!»

Ma è troppo tardi. Beau aggrappa entrambe le mani alle sue spalle, le si spinge addosso e solleva un ginocchio per scavalcarla, finendole a cavalcioni sulle gambe senza troppa difficoltà. Yasha fa appena in tempo a puntare gli occhi nei suoi e a scorgere il ghigno malizioso che gli increspa le labbra, che Beau si sporge in avanti per soffocare quel che rimane della sua imprecazione fra le labbra di entrambe, premute una contro l’altra.

«--Ma porco cazzo!»

Inveisce Yasha tutto d’un fiato quando l’altra si sposta – o meglio, quando se la strattona via di dosso che l’altra è già piegata in due dalle risate.

«Sei tutta rossa, amore!» La sente esclamare, e se possibile si sente le guance avvampare ancora di più.

«Sei una cazzo di stronza» ringhia fra i denti, e Beau ride ancora più forte, eppure questa volta non ce la fa davvero a cacciarla via quando questa le si accascia addosso stringendo le braccia attorno al suo corpo – al contrario, le affonda il naso nel collo e lo strofina nervosamente contro la sua pelle, affogando nel suo profumo. «La prossima volta che lo fai ti ribalto. Ci avrà visto tutto il campus» borbotta imbarazzata, eppure continua a stringersela addosso.

«Yasha, dubito che tutto il campus abbia qualcos’altro da vedere, ormai» le dice baciandole il collo distrattamente.

«Smettila.»

«Costringimi.»

Yasha sbuffa. «No, che poi ti piace.» La sente ridacchiarle addosso. «Ma quando torniamo in camera ti faccio vedere.» Le vibra tutta quanta addosso. Fa le fusa adesso, la sua ragazza, come se non fosse già abbastanza assurda per conto suo.

Yasha sospira piano, e pensa che in fondo non ha poi così tanta voglia di alzarsi da questa panchina. Che forse può sopportare gli sguardi degli altri studenti un po’ più a lungo, se questo significa perdersi ancora nel profumo della pelle di Beau, nella sua voce soffocata contro la pelle come se appartenesse solo a lei, nelle sue mani che non si stancano mai di cercarla, in questo abbraccio che per qualche motivo non le ha mai dato fastidio come tutti gli altri.

La stringe, e quando Beau la bacia per la seconda volta, Yasha si dimentica di dirle di no. E assaggia le sue labbra, dimenticandosi di tutto il resto.


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Fandom: Critical Role (campagna 2)
Ship: Molly/Caleb
Rating: safe
Parole: 1677
Note: scritta per il cow-t 8, ultima settimana, prompt "safe+slash"


L'aria di questa serata di festa è frizzante, satura di voci e risate e delle note degli strumenti musicali che si rincorrono guidando i corpi in danze spensierate che fanno sembrare la morte e gli orrori dei giorni appena trascorsi solamente dei ricordi lontani, sbiaditi e facilmente accantonati fra mille altri pensieri di poco conto. Non è così, e ciascuno di loro lo sa - come potrebbero aver dimenticato così in fretta, dopotutto? - eppure c'è qualcosa di stranamente liberatorio nell'osservare tutte queste persone rimaste ormai orfane della propria semplicità e monotonia sublimare un simile lutto celebrando la vita nel migliore modo che esista: con del buon cibo, i bicchieri strabordanti di vino e musica a tenere lontana la consapevolezza di tutto quello che è andato ormai perso.

Caleb è rimasto tutta la sera ad osservare in disparte, in compagnia solamente delle ombre lunghe e scure che danzano proiettate dai fuochi allestiti al centro della piazza. Non gli pesa la solitudine, non questa notte, non quando il mondo di fuori gli sembra così distante, così alieno che potrebbe semplicemente chiudere gli occhi e scivolare via, lontano, non sa bene dove ma non gli importa nemmeno. Ha stretto la mano di Nott per un po’ per non perdersi del tutto, ed è bastato, eppure Caleb sa anche che più di questo – più che rimanere ancorato alla realtà senza concedersi lo sforzo di farne parte davvero – non può costringersi a fare in una serata come questa. Tutto quello che può permettersi ora è di trascinare fuori un libro dall’interno della giacca logora e immergersi nelle sue parole, lasciarsi portare altrove, svuotare la mente di tutto quello che è successo e riempirla di pensieri che non possono e non devono perseguitarlo – cancellare le fiamme e la cenere e sostituirla con gli insegnamenti rassicuranti dei suoi studi arcani.

O questo sarebbe il suo piano, almeno.

«Siamo ancora poco inclini ad abbandonarci ai festeggiamenti, vedo.»

Gli ci vuole un istante di troppo a riconoscere la voce, assorto com’è nella lettura, ma non appena solleva gli occhi dal libro e li sposta sul posto non più vuoto accanto a sé sulla panchina, il suo suono ormai divenuto familiare si allinea con l’immagine di Mollymauk, e gli occhi di Caleb incontrano le pupille cremisi del tiefling, il suo busto ruotato per metà verso di lui, un gomito appoggiato sullo schienale e il suo sorriso ambiguo piegato da un lato.

Caleb si concede un attimo di pausa, lasciando che il suo silenzio sia il primo a parlare per lui, e solo dopo decide di degnarlo di una risposta.

«Dubito di aver mai dato l’impressione di una persona a cui piacciono le feste. Se così è stato, me ne rammarico e cercherò di essere più trasparente la prossima volta.»

Al suo fianco, per quanto non fosse affatto questa l’intenzione di Caleb, Molly si lascia sfuggire una risata leggera, così come leggera sembra essere sempre ogni questione che lo riguarda. Eppure Caleb sa bene, forse meglio di chiunque altro, che non esiste nulla di più ingannevole dell’apparenza.

«Trasparente, dici» ripete Molly, pensieroso, mentre Caleb lo osserva in silenzio accavallare le gambe e ciondolare il piede seguendo il ritmo della musica. Sembrava tutto così lontano fino a qualche attimo fa – le danze, la presenza dei suoi compagni, il ricordo di morte e fuoco ancora fin troppo vivido – eppure la presenza imprevista del tiefling pare aver riportato la realtà ad una distanza pericolosamente tangibile. Caleb non è del tutto sicuro di come sentirsi a riguardo. «Non è il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso a te, se posso essere onesto» conclude Molly qualche attimo più tardi.

Caleb si volta e lo osserva con le sopracciglia alzate, giusto un poco più attento di poco fa, ed è una di quelle rare volte in cui il suo silenzio non riflette una specifica intenzione di ritardare la risposta, bensì è semplicemente sintono di mancanza di parole.

«Puoi esserlo» gli concede, ma solo per prendere tempo, e quasi si sorprende ad arrovellarsi sulla sua curiosa scelta di parole – quando penso a te, e non se. Si costringe in fretta ad allontanare il pensiero, come fosse un prurito fastidioso, e decide che forse è meglio lasciar morire qualsiasi discorso sul nascere – eppure, quando con la coda dell’occhio scorge Mollymauk distendersi contro lo schienale per rimanere più comodo, ha come l’impressione che il silenzio non durerà a lungo.

E infatti.

«Hai l'aria di essere uno che ha parecchi demoni che gli corrono piuttosto vicino alle calcagna» dice, ma senza guardarlo davvero, con lo sguardo un po’ perso sui corpi che ballano attorno ai fuochi.

«E' un'immagine piuttosto specifica» ribatte Caleb.

«Lo è» Molly si volta verso di lui e le sue labbra s’inarcano in un ghigno che Caleb fatica a decifrare. «E’ anche accurata?»

Non è facile evadere una risposta tanto scomoda quando la domanda è così sfacciata, quindi Caleb opta per il silenzio. Anche quello sa parlare per chi ha la pazienza di ascoltare, dopotutto.

Molly sospira. E’ uno sbuffo leggero, come l’accenno di sorriso che gli piega appena le labbra. «Non ti preoccupare troppo» gli dice, e Caleb sposta impercettibilmente lo sguardo verso di lui. «Hai degli amici adesso – o compagni, se preferisci» si corregge. «Puoi lasciare che ti guardino le spalle loro, no? Giusto qualche volta, per cambiare. Senza esagerare.»

Caleb stringe le dita attorno alle pagine del libro, gli occhi che per attimi interi sfuggono via, lontano, come lontano vorrebbe scivolare anche lui. Questa – questo sentirsi così nudo di fronte ad occhi di cui non si fida ciecamente – è una sensazione che non riesce a sopportare. Stringe le labbra ed ingoia a vuoto, respira piano come ha imparato a fare per non tradire il disagio che gli si agita nel petto e che gli incastra il fiato in gola.

Poi, senza fretta, mette insieme le parole.

«Non mi sembri la persona più incline a fidarsi del prossimo, non vedo perché dovrei accettare un simile consiglio da te.»

Non c’è astio né giudizio ad inquinare il tono della sua voce, solamente questo muro di freddo, razionale distacco di cui ha bisogno per tenersi stretti i propri spazi, per tenere le giuste distanze.

Molly si limita a ridere piano prima di tornare a guardare avanti a sé. «Touché» dice solamente, e per un po’ il silenzio torna a posarsi placido fra di loro – eppure è perso, ormai, e la mente di Caleb non vuole saperne di rimanere a tacere.

E’ lui ad interrompere la quiete.

«Qualsiasi cosa tu stia cercando di fare, ti chiedo per favore di smetterla. Sto bene, non ho bisogno di compagnia, a dirla tutta preferirei continuare a rimanere da solo» snocciola senza lasciargli il tempo di interromperlo, quindi si volta appena verso di lui. Non è facile cercare i suoi occhi, ma si sforza di farlo comunque. «Quello che sto cercando di dire è: non ti preoccupare, va tutto bene» stringe le labbra. Questa è una menzogna troppo grande persino per lui. «Starò bene» si corregge. E’ il massimo che può concedergli.

Molly distende le labbra sorridendo piano. Aspetta uno, due, tre secondi, quindi torna a guardare avanti. Quando schiude le labbra, lo fa per lasciarsi sfuggire un sospiro lungo e vocale, con quel suo sorriso sospeso ancora aggrappato alle labbra.

«Come vuoi» dice. «Non ti disturberò oltre» si volta, lo guarda. «Per questa sera.»

Caleb sospira a sua volta. «Apprezzerò lo sforzo, immagino.»

Molly annuisce, e fra le sue labbra torna a guizzare quel suo ghigno enigmatico.

«Non andare troppo lontano, Caleb» soffia, e quando Caleb si volta, appena sorpreso dalle sue parole, non lo trova più accanto a sé, sulla panchina, bensì già in piedi e pronto a congedarsi. Fa appena in tempo a dirottare lo sguardo in avanti, che si ritrova il suo viso pericolosamente vicino al proprio, il suo busto piegato in avanti, le mani impuntate ai fianchi.

Gli esplode il cuore in petto, e quando schiude le labbra non ha davvero idea di quali parole farvi uscire.

«Abbiamo tutti i nostri demoni, per quello che vale. Quando i tuoi saranno ancora così vicini, stai sicuro che sarò ancora lì per riportarti indietro.»

E’ sparita ogni traccia di sorriso quando Molly si sporge ancora di più in avanti, e Caleb trattiene il respiro, pietrificato, mentre le labbra morbide del tiefling si posano delicate contro la sua fronte, e poi, un istante più tardi, poco più giù, sulla sua guancia. Per qualche motivo gli torna in mente adesso che questo – labbra, un bacio, la sua voce di velluto – è il primo ricordo che ha dopo essersi risvegliato dalla trance. Questo, ed uno schiaffo. Ma pur sempre Molly.

«Ti lascio ai tuoi libri.»

La sua voce lo raggiunge a fatica, facendosi strada nel groviglio caotico di pensieri ed emozioni e sensazioni che iniziano ad affollargli la mente. Rimane con le labbra schiuse, le mani poggiate sulle pagine del libro, rigide e tremanti, e gli occhi persi su figure che non ha la testa né l’intenzione di decifrare.

Sente il petto agitarsi contro battiti insistenti quanto un tamburo da guerra, e non è una sensazione del tutto sconosciuta, eppure allo stesso tempo è diversa da qualsiasi altra sensazione simile gli sia capitato di provare fino ad ora. Non è come quando le fiamme hanno divorato il sacerdote nella tana della manticora, e nemmeno come quando si sente gli occhi della gente sgradevolmente puntati addosso, come se fosse lui il centro del mondo.

«Buona nottata, Molly» riesce solamente a sibilare, interi istanti più tardi, allo spazio ormai vuoto che è rimasto accanto a lui sulla panchina.

E si ritrova lontano, per qualche motivo – lontano da quest’aria di festa, ma soprattutto lontano dal fuoco e dalla cenere, lontano dai pensieri oscuri, lontano dalla morte. Da solo in compagnia dei propri pensieri, si domanda se quelle labbra lo perseguiteranno per il resto della notte, e nel domandarselo sente già di conoscere la risposta.

E per una volta, si dice, potrebbe quasi farsela andare bene. 



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Fandom: Critical Role (Campagna 2)
Personaggio: Nott
Parole: 545
Rating: safe
Note: scritta per il cow-t 8, ultima settimana

Di tutte le cose che Nott preferisce, la mano di Caleb che stringe la sua č una delle pių importanti. )

Ci sono tante cose che adora, a dirla tutta, e ognuna di esse è importante a modo suo, come le pietre colorate e brillanti alle dita dei passanti che in un attimo riesce a far scivolare sotto le maniche, oppure la fiaschetta di liquore che nasconde gelosamente sotto la tunica scura, contro il cuore. La fa impazzire, ad esempio, rigirarsi le monete fra le dita, di rame, d'argento o d'oro, non importa, perché quello che le piace in realtà è saggiarne il peso inconsistente e pensare al valore esagerato che degli oggetti così piccoli e graziosi possano avere, o ancora ascoltare il tintinnio che fanno quando sbatacchiano una contro l'altra dentro alla saccoccia di pelle mentre cammina. Le piacciono i fiori da quando Jester gliene ha regalato un mazzetto in nome della loro amicizia, e le piacciono anche le ciambelle che ogni tanto tira fuori dalla borsa, che anche se tutti gli altri si lamentano di quanto siano vecchie e stantie, Nott non ha mai nemmeno avuto il lusso di vederli così da vicino, prima, dei dolcetti tanto deliziosi. Le piace la voce profonda e calma di Fjord, tanto che la ascolterebbe ogni sera per addormentarsi, e adora sbirciare le figure stravaganti disegnate sul mazzo di carte che Molly ogni tanto sfodera per abbindolare passanti e curiosi. Si è affezionata persino a Frumpkin, col tempo, nonostante tutti gli spaventi che le ha fatto prendere quando le si appollaiava silenzioso sulle spalle solleticandole il collo con quei suoi baffi lunghissimi e sottili.  

Sono questi, e tanti altri, i motivi per cui nonostante tutte le sfortune Nott non riesce davvero a ritenersi una goblin infelice, eppure ognuna di queste cose perde importanza se non può condividerla con Caleb, perché, fra tutte, quella più preziosa è lui. Caleb con il suo giubbotto sgualcito, con la sua barba incolta, con il suo odore di fango e sudore e di un viaggio iniziato tanto tempo fa che non si sa se finirà mai – ma non importa nemmeno questo: è un viaggio che hanno iniziato assieme, e assieme, se così dovrà andare, lo finiranno.  

Non ricorda più se è esistito davvero un momento in cui si è accorta che tutto ciò di cui non potrebbe mai fare a meno si concentra su di lui, ma in fondo ormai le basta sapere che è così. Che non potrebbe mai rinunciare ai suoi silenzi assorti, alle notti stretti uno contro l'altro sotto il cielo stellato per non lasciarsi prendere dai morsi del freddo, al suo sorriso piccolo e orgoglioso ogni volta che lei ripete senza errori la sequenza di gesti per un trucchetto di magia che ha deciso di insegnarle. 

La verità è che Caleb è il motivo per cui Nott può finalmente camminare libera – o meglio, la verità è che Nott oggi non sarebbe viva senza Caleb, e Caleb non sarebbe vivo senza Nott, e per questo i loro destini si appartengono, così come si appartengono le loro mani, strette una piccina e verde nell'altra grossa e callosa. Che anche se dovesse perdere tutto quanto di nuovo, le dita di Caleb sarebbero l'unico tesoro che non lascerebbe mai andare. 

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